Sono figlio della terra e vengo dalla terra, ma nel senso letterale della parola.
Sono nato in campagna e vivo ancora oggi in campagna.
Certo quello che avevo da bambino non c’è più.
Mio padre, come suo padre, era un pizzaiolo. Con loro ho conosciuto quel mondo fatto di acqua e farina. Ero alto quanto un soldo di cacio quando mio padre mi portò con sè in pizzeria per la prima volta. Per me era come assistere ad uno spettacolo di pura magia, vedere quell’impasto bianco, anonimo, prendere forma per poi trasformarsi in pochi istanti in qualcosa di fragrante e profumato e a cui veniva dato un nome…..Per me era fantastico e non mi rendevo conto di quanta dedizione ma, soprattutto, di quanto amore occorresse per fare quel mestiere.
Mia madre, figlia di contadini, invece, coltivava la sua terra con un amore che quasi mi procurava invidia…come se ne togliesse a me, e mentre lavorava la terra mi guardava e sorridendo esclamava “Peppì, la terra va amata e curata e vedrai che lei col tempo ti ricambierà”.
Lei, brava donna, oltre ad accudire me ed i miei quattro fratelli, la casa, mio padre, riusciva a prendersi cura anche dell’aia con i suoi animali.
Galline, conigli, il maiale…
Come faceva, ancora oggi me lo domando.
Quei tempi sono passati.
Ma i sapori, i profumi e i ricordi quelli sì, li sento ancora. Li porterò sempre con me.
Come dimenticare le conserve sott’olio, il pane, gli odori “d ‘o ‘cellare” la cantina dove venivano conservati il vino, le conserve, la frutta, gli insaccati. Il sapore del pollo cucinato sulla brace del camino che inebriava di profumo e di fumo tutta la cucina, bere l’uovo fresco ogni mattina rubandolo di nascosto direttamente nel pollaio, e che dire del latte appena munto? E poi la voce di mia madre che mi diceva “Giuseppe, mangia che è buono”.
Certo che era buono, ora lo so, ho visto , ho sentito, ho mangiato di quella terra, ho camminato scalzo tra quei campi, ho sentito le zolle rompersi sotto il peso dei miei passi, sono cresciuto in quella terra… le mie radici sono in quella terra.